le nozze di Sebastiano e Claudia

Quando Sebastiano e Claudia mi hanno contattata per chiedermi se volessi celebrare il loro matrimonio in Sardegna, ho subito avuto davanti agli occhi ciò che avrebbe fatto al caso loro. Sin dalla nostra prima fugace chiacchierata in videochiamata e negli incontri successivi mi sono messa in ascolto di quelle che erano le loro aspettative ma anche di quello che io avrei potuto dare loro con naturalezza e senza forzature. Sebastiano è padre di due bambini, figlio di una caposcout molto legata alle tradizioni religiose, Claudia è più giovane di lui, parte di una grande famiglia allargata. La loro complicità e Unione è molto forte così come il desiderio di celebrare un matrimonio gioioso con le persone veramente importanti per loro.

Nonostante per loro il matrimonio religioso sia precluso, mi confessano che vorrebbero una cerimonia in cui Dio sia presente. Non ho potuto che ricordare loro che proprio Gesù ci ha detto che “dove due o tre sono Uniti nel suo Amore lì c’è Dio”. Da queste premesse ho progettato per loro una cerimonia laico-umanista in cui accanto alla sacralità del loro amore in accordo con il Cielo e con la Terra, la preghiera avesse un posto d’onore. Propongo loro pertanto il rito dei quattro elementi, aria, acqua, terra, fuoco associato al rito della parola. Quando propongo loro la bozza del testo della celebrazione e la bozza della scaletta dei momenti in cui è scandito il rito e dei brani di accompagnamento ad esso, mi confermano con grande commozione che non poteva che essere questo il rito che avevano da sempre sognato. Interpretando anche un desiderio che non hanno espresso ma che ho intuito, ho infine proposto loro un coinvolgimento ancora più attivo delle damigelle nella celebrazione, chiedendo loro se volevano essere le guardiane del rito. Per questo motivo nella scelta del mio abito, ho preferito indossare lo stesso colore delle damigelle pur avendo il ruolo di celebrante.

Nell’espletamento del mio inedito ruolo – non ho mai celebrato matrimoni finora – ho attinto a piene mani alla mia cassetta degli attrezzi da facilitatrice di gruppi. La facilitazione è l’arte e la pratica che permette degli incontri più efficienti (dal latino “facilis”), più efficaci ,divertenti e produttivi per tutte le persone coinvolte. Il facilitatore è una guida imparziale del processo di gruppo ed è sostenuto da una serie di partecipanti attivi che aiutano il processo prendendo dei ruoli come il guardiano del tempo, il verbalista, il guardiano delle emozioni ed altri. Le caratteristiche essenziali per una buona facilitazione sono un’agenda chiara e trasparente, un metodo decisionale condiviso e conosciuto da tutti ed un piano chiaro per lo svolgimento delle successive attività.

Dopo un lungo e significativo corteo, aperto da mio figlio Matteo in veste di paggetto, il matrimonio si è aperto col Rito della candela: il Fuoco, simbolo di purificazione ha così creato il cerchio sacro. Due Guardiane del Fuoco, Federica e Mariagrazia hanno portato due candele agli sposi che con queste hanno acceso tre candele sull’altare, la fede, la speranza e l’amore. Il Fuoco è stato celebrato con l’Halleluia di Cohen. Al fuoco abbiamo affidato tutto quello che volevamo lasciare andare prima di entrare dentro il cerchio sacro in cui due anime diventano un cuore solo.

Il secondo momento simbolico si è aperto con la celebrazione dell’Aria. La Guardiana dell’Aria, Jessica, ha versato un olio profumato dentro un vaso di rami secchi di gigli ed erbe delle dune di Sardegna. L’Aria, che ci solletica i pensieri e le parole, ha introdotto il momento delle letture. Due lettori, Lorenzo e Graziella, hanno letto sopra le note di Ludovico Einaudi, Nuvole bianche e Una mattina, un passo da Il Cantico dei Cantici e due passi dal Profeta di Gibran, “Sull’amore” e “Sul matrimonio”.
Dopo le letture abbiamo celebrato la Terra con il rito di Unione: la semina di fiori di campo in un sacco di juta riempito di terra da parte degli sposi aiutati dalle due sorelle, Gabriella e Simona, mentre sacchetti di organza pieni di semi sono stati distribuiti agli ospiti dalle damigelle bambine. Sarà loro cura poi scegliere se disperderli e donarli alla terra o farli crescere in vaso. Durante il rito di Unione ho intonato su richiesta degli sposi, il Fratello sole e sorella luna di San Francesco.
È stato a questo punto che ho invitato gli sposi a scambiarsi le promesse. Il momento è stato accompagnato dalle note di To Build a Home di Cinematic Orchestra. Dopo questo momento di forti emozioni, un’amica degli sposi, Manola, ha curato le condivisioni delle promesse da parte delle persone più prossime, la sorella della sposa, Simona, la madre dello sposo, Anna e il figlio dello sposo, Alessandro. Ha chiuso il cerchio di condivisione la zia dello Sposo, in onore della zia Marta, recentemente scomparsa.
È seguito lo scambio degli anelli e la preghiera sugli sposi e degli sposi. La prima parte della cerimonia, cui è seguito poi il rito civile, si è conclusa quando la Guardiana dell’Acqua, Samantha, comare degli sposi, ha suggellato tutto il rito innaffiando la terra in cui gli sposi hanno piantato i loro semi. L’Acqua, fonte di vita e spiritualità, accompagna in molte culture, non solo quella giudaico-cristiana, le alleanze, i patti e le unioni. L’Acqua, elemento che ha fatto sentire incombente la sua presenza, nel cielo plumbeo che ha coperto l’intera celebrazione, si è rivelata in realtà un elemento provvidenziale. Non ha piovuto, come temeva la sposa, ma il 27 agosto, in pieno pomeriggio, in un luogo molto soleggiato dove temevamo di soffrire il caldo, ci ha concesso frescura ed ha benedetto l’Unione con due lievi e gradevoli gocce di pioggia, per poi dissolversi e salutarci con un arcobaleno quando ci siamo spostati al ristorante dove ci siamo goduti uno strepitoso tramonto e abbiamo festeggiato fino a notte fonda.

Sebastiano e Claudia rinnoveranno negli anni a venire le loro promesse condividendo gli alti e bassi della vita, il mio augurio per loro è che rimangano fianco a fianco godendosi ogni giorno che verrà e che i loro giorni siano pieni di creatività, sorrisi, fiducia, speranza e amore. Unirli in matrimonio è stato per me un grande onore e una enorme gioia.

La mia fiaba di Epifania

in braccio alla Luna

Da una pagina del nostri diario del 5 gennaio di due anni fa, il 2018.

Mamma raccontami la storia della Befana, mi ha chiesto Alice ieri sera. Ed io le ho inventato una storia che forse non leggeremo mai nei libri di leggende intorno a questa figura magica.
Ti ricordi chi sono i Magi, Alice?
I Magi erano degli scienziati e dei sapienti che guardando il cielo si accorsero per primi della stella cometa e secondo le loro conoscenze del cielo capirono che quello era il segno che indicava la nascita di un nuovo re. Allora lasciarono i loro Paesi, l’India, la Persia e l’Arabia e partirono per un lungo viaggio nel deserto con i loro cammelli e dromedari portando con sé in dono oro incenso e mirra. Al loro corteo da Alessandria d’Egitto si unì una Maga in groppa al suo cavallo bianco, anche lei era molto sapiente e…

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FIORIRE CON LE FIABE

🌺Essere la bambina o il bambino superstite al di là del tempo debito significa iperidentificarsi in un archetipo ferito. Comprendere la ferita, eppure commemorarla, consente la fioritura. La fioritura ci toccava in sorte su questa terra. #Fiorire, e non soltanto sopravvivere, è il diritto che ci spetta dalla nascita.🌺

𝙇𝙚 𝙛𝙞𝙖𝙗𝙚 𝙥𝙚𝙧 𝙛𝙞𝙤𝙧𝙞𝙧𝙚 𝙚 𝙩𝙧𝙖𝙨𝙛𝙤𝙧𝙢𝙖𝙧𝙚 𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚 𝙞 𝙢𝙤𝙨𝙩𝙧𝙞 𝙞𝙣 𝙛𝙤𝙧𝙯𝙚 𝙥𝙚𝙧 𝙡𝙖 𝙫𝙞𝙩𝙖.

Circa 12 anni fa le fiabe sono venute a bussare alla mia porta. Credevo che fossero solo storie adatte ai bambini e per tanto tempo mi sono formata per portare la lettura a voce alta nelle case delle famiglie con bambini attraverso il progetto Nati per leggere. Quello che ho scoperto poi, scavando alle loro origini, mi ha aperto mondi e orizzonti meravigliosi. Le fiabe sono delle mappe psichiche che i nostri antenati hanno percorso e tracciato per donarci delle istruzioni su come viaggiare nel mondo invisibile dell’inconscio e dell’Anima per risvegliare delle energie utili alla nostra realizzazione. Esse rivelano insegnamenti spirituali, alchemici, iniziatici, con un linguaggio in codice che è stato dimenticato, nascosto, sepolto. Ma può essere ricordato e portato alla luce. E allora ho capito che la mia vocazione di cantastorie poteva aiutare e ispirare tante persone come me e contribuire a portare un po’di bellezza in questo mondo! Di questo e altri argomenti parleremo nei 4 giorni di Fiorire con le fiabe, grazie a 4 fiabe iniziatiche:

Barbablù

Vassilissa e la Baba Jaga.

Il brutto anatroccolo

La piccola fiammiferaia

Incontri rivolti ad adulti, educatori, insegnanti, professionisti, artisti e chiunque voglia #fiorire con le #fiabe

📲📩su prenotazione scrivendo in pvt al numero 3389799490.

Chi conduce:

Marika Gallo, operatrice culturale e facilitatrice di gruppi. Realizza attività per bambini e adulti di promozione della lettura e della musica e organizza eventi nell’ambito della promozione della genitorialità attiva e del benessere della triade madri-padri-figli come playgroup e cerchi di condivisione. Il suo lavoro di progettazione sociale e culturale si inserisce in questo processo inclusivo che consente alla comunità di prendersi cura di se stessa. Gestisce In braccio alla luna spazio nato nel 2012 da una visione che mira ad accendere i talenti e risvegliare le coscienze per migliorare lo stile di vita attraverso la bellezza, l’arte e la sacralità delle cose quotidiane. Organizza momenti formativi e informativi ed eventi artistici che hanno come filo conduttore l’integrazione tra il femminile e il maschile nelle loro molteplici declinazioni espressive. Infine organizza eventi ludici e didattici per bambini, momenti aggregativi, passeggiate naturalistiche e culturali e percorsi esperienziali per adulti e feste fatte a mano come quelle di una volta.

Running to stand still, le mosche nella scatola e la quarantena

Ad un anno dal primo morto di Covid in Italia pubblico una pagina del mio diario dalla quarantena. I 54 giorni, dall’8 marzo al 4 maggio 2020, più assurdi della nostra vita.

“Fuori è primavera inoltrata, i rumori della città si sono rarefatti, l’aria è meno inquinata, dentro casa la vita in quarantena procede col suo ritmo che ci trascina come ciottoli rincorsi dalla corrente. Certe notti prendere sonno risulta difficile, è il momento della musica negli auricolari, dei ricordi appesi ad asciugare, delle immagini da tempi lontani messe in fila per due.

Da bambina conservavo le scatoline dei formaggini per catturarci le mosche. Le osservavo sbattere nello spazio angusto e volare affannosamente alla ricerca di una via di fuga. The Joshua tree è uno degli LP che ascoltavo nei noiosi e languidi pomeriggi a casa della nonna, con la scatolina di formaggini a caccia di mosche da studiare, il microscopio nella valigetta della Clementoni e l’inchiostro simpatico con cui scrivere segreti e nomi di fantasia. In queste notti mi capita di ripercorrere quegli anni di passaggio tra l’infanzia e la pubertà o la mia precedente vita da bambina fra bambinadulti con un nonno a fare da padremadre a tutti, in una casa popolare affollata e caotica con le nuvole di fumo che sgattaiolavano dalle bocche dei miei zii penetrando in volute maleodoranti ogni fessura della casa, le lunghe serate senza concludere nulla, inchiodati tra i lo farò domani, i se e i ma. Ero una piccola osservatrice occhialuta e fuori dal mondo. I miei cugini si prendevano gioco di me, chiamandomi l’eremita perché stavo sempre con un libro in mano, altrove, mentre loro giocavano come tutti i bambini. Penso che Running to stand still di Bono sia la canzone che più di tutte possa raccontare qualcosa di un pezzo della storia di cui faccio parte. Il titolo della canzone, che mi rincorre da giorni senza capire perché, arriva da un dialogo tra Bono e suo fratello Norman che da poco aveva aperto un negozio. Le difficoltà nell’aprire il negozio e nel fare affari avevano fatto dire a Norman che era come “correre restando fermi”. Una immagine che poi Bono associò ai tossodipendenti nell’ossessione di trovare il modo per procurarsi la dose successiva. La donna eroinomane di cui parla la canzone è una persona che gli U2 hanno realmente conosciuto a Bellymum, uno dei tanti quartieri dormitorio per proletari spremuti come limoni. Palazzi anonimi avulsi dal resto della città, affollati di appartamenti o più propriamente gabbie da cui è impossibile scappare. Gabbie di vecchi senza passato e giovani senza futuro. Storie simili sono raccontate anche da Irvine Welsh in Trainspotting.
Nel 1987 gli U2 incidono un album che farà la storia inserendoci anche la vita all’interno delle Sette Torri, i casermoni popolari sede di spaccio e di degrado come quelli che ci sono un po’ ovunque in Europa, anche qui a Palermo, l’unica prospettiva era appunto correre per restare fermi. Ne viene fuori un capolavoro.

Il 28 febbraio 1992 alla vigilia della partenza dello ZOOTV tour Bono decide di stravolgere sia a livello musicale che comunicativo Running to stand still per parlare di qualcosa di più ampio che una storia di denuncia della vita senza prospettive di una generazione di dublinesi vittime della droga. La guerra nel Golfo si era appena conclusa e Bono, mentre parlava con uno dei membri della sicurezza della band, Jerry Mele, veterano della guerra in Vietnam con problemi di eroina a causa del conflitto asiatico, elaborò l’idea di mettere in scena una sorta di “fuga possibile” dei soldati attraverso la droga. Perché mettere in scena la guerra, elevarla a riflessione all’interno dello ZooTv Tour?

Ricordo quei fotogrammi e le narrazioni apocalittiche con cui si sparava la guerra nei tubi catodici di tutto il mondo. Fecero da caposcuola a un certo giornalismo ormai consumato.

Gli U2 si resero conto che, a dispetto di quanto i media volessero far credere, la guerra era diventata una sorta di cameo all’interno delle trasmissioni televisive: era ovunque in piccole o grandi dosi. Tale bombardamento — fisico in Kuwait, mediatico nei salotti di casa — creava una profonda schizofrenia sullo schermo televisivo poiché permetteva con un solo click sul telecomando di far evadere il telespettatore, dagli spari di fucile grazie alle soap opera venezuelane o sit com americane, da Grecia Colmenares a Luke Perry.

Viviamo in quarantena ormai da tante settimane, le narrazioni tossiche e martellanti con cui si è raccontata la pandemia, i quintali di catrame con cui si è asfaltata la voragine di un Paese immobile da decenni, sembrano anch’esse pericolose trappole per topolini in gabbia nella loro folle corsa per stare fermi. E adesso che fermi tra le mura di casa lo siamo non solo metaforicamente, ma proprio integralmente, è tempo di pensare a che impatto ha sulle nostre esistenze la droga del nuovo millennio, la tv e i social network, nell’ottenebrare le nostre menti. Rendendoci ciechi e leggeri. Anestetizzati. Come la droga che si iniettava la donna di Bellymun.”

A questo link il video del brano:

https://youtu.be/FvUI-s4Azw4

Buon ascolto,

And so she woke up
Woke up from where she was
Lying still
Said I gotta do something
About where we’re going

Step on a steam train
Step out of the driving rain, maybe
Run from the darkness in the night
Singing ha, ah la la la de day
Ah da da da de day
Ah la la de day

Sweet the sin
Bitter than taste in my mouth
I see seven towers
But I only see one way out

You got to cry without weeping
Talk without speaking
Scream without raising your voice

You know I took the poison
From the poison stream
Then I floated out of here
Singing ha la la la de day
Ha la la la de day
Ha la la de day

She runs through the streets
With eyes painted red
Under a black belly of cloud in the rain
In through a doorway she brings me
White gold and pearls stolen from the sea
She is raging
She is raging
And the storm blows up in her eyes
She will suffer the needle chill
She’s running to stand still

#musica #U2 #socialnetwork

Percorso di formazione per mamme alla pari in allattamento dell’associazione l’Arte di Crescere

L’Arte di Crescere vive soprattutto con il volontariato fatto da persone che mettono a disposizione delle mamme e dei bambini di cui ci si prende cura le proprie competenze e professionalità.
Con i numerosi progetti attivati negli ultimi anni si è rivelata una vera e propria risorsa non solo per le donne sostenute, ma anche per la Città tutta, per la ricchezza delle proposte culturali, non ultimo il murale Sangu e Latti donato al quartiere Sperone, e per la disponibilità a realizzarne di nuove.


Gli ultimi tempi ci hanno messo di fronte ad uno scenario che è mutato rapidamente e sulla spinta dei nuovi cambiamenti abbiamo iniziato il nuovo anno con l’augurio per L’Arte di Crescere di… continuare a crescere e fare bene! Proprio così, le mamme alla pari in quest’anno pandemico si sono mobilitate, hanno imparato ad usare le tecnologie, hanno lanciato sin da marzo l’hashtag #mammanonseisola, videochiamata dopo videochiamata si sono aggiornate, hanno lavorato, hanno studiato. Perché se non si colgono le opportunità celate dietro le crisi si rischia di lasciarsi vivere più che vivere, di appassire anziché crescere.


Ma non possiamo negarci che proprio la pandemia ha accentuato tante diseguaglianze a discapito proprio di mamme e neonati e che sei donne visionarie, Daniela Di Sciacca, Viviana Di Fatta, Marika Gallo, Monica Garraffa, Claudia Pilato ed Elena Toscano, non sono che una goccia nell’oceano dei bisogni che adesso ci troviamo ad affrontare. Per continuare a sostenere e aiutare le mamme che allattano abbiamo bisogno di te, delle tue idee, del tuo apporto, del tuo sostegno, saremmo davvero felici di accoglierti dentro la nostra associazione. Quindi se hai voglia anche tu di sostenere le altre mamme e metterti in gioco con generosità e passione, abbiamo progettato un percorso formativo per mamme alla pari dell’Associazione l’Arte di Crescere che inizierà il 21 gennaio sulla piattaforma zoom.

Il corso di formazione è rivolto a 16 aspiranti volontarie di cui quattro mamme sarde. Questo perché nella realizzazione di questo percorso formativo abbiamo creato un ponte con la Sardegna, grazie all’attiva collaborazione di una delle docenti, la pediatra Maria Antonietta Grimaldi. Sicilia e Sardegna sono due regioni diverse ma che vivono l’insularità e che sono accomunate da quel mare di sogni di latte che ha generato una realtà a cui siamo felici e orgogliose di prendere parte.

Leggi il programma, riconoscerai anche tanti nomi noti (Alessandra Bortolotti, Stefania De Luca, Giuseppe Giordano, Lucio Piermarini, Sofia Quintero Romero) tra i formatori che metteranno a nostra disposizione la loro umanità, conoscenza e competenza.

Per tutte le informazioni scrivici a gsap.lartedicrescere@gmail.com

Ti aspettiamo!

In braccio alla luna e il distanziamento sociale.

Ho aspettato 40 giorni prima di scrivere questo post. Ho sperato che l’interruzione delle consuete attività fosse limitata ad un arco temporale il più breve possibile e nell’attesa ho vissuto queste settimane di quarantena dedicandomi alla mera sopravvivenza, e come in altre situazioni strong della vita a provare a mettermi in ascolto. Due figli alle elementari da accompagnare nella vita domestica tra studio svago e sclero, un marito in smart working al quale garantire uno spazio lavorativo congruo, in un appartamento che all’improvviso è diventato il minuscolo spazio vitale del Genio della Lampada di Aladino, un lavoro domestico e casalingo che è lievitato il quadruplo del suo volume come la pasta madre che rinfresco ogni due giorni. Una vita notturna caratterizzata spesso da un riposo scarso e dalla condivisione del sonno coi bambini che nel frattempo dimostrano così la loro ansia per questo stravolgimento di abitudini e per il martellamento mediatico cui siamo sottoposti.
In braccio alla luna nel frattempo è rimasta in pausa, a onor del vero ho attivato gruppi on-line, prima tra tutti La Cerchia delle Lupe. Ognuna davanti al proprio schermo, però ogni volta mi sembrava di tradire il senso che avrebbe dovuto avere l’attività per come l’ho progettata a inizio anno, senso tracciato da importanti elementi, la convivialità, la preparazione del luogo, la prossimità dei nostri corpi, la relazione, il rito del tè. E ciononostante ad ogni incontro virtuale qualcosa si muove, è bello anche solo vederci ed è preziosa anche solo la voce, perché sì, ci resta ancora la voce e leggere l’un l’altra per le Lupe, anche se non possiamo più fare molto altro per ora, è lo stesso potente. Altre attività, come la musica i laboratori creativi il mimo si sono interrotte. E non potevano fare altrimenti, le attività che proponiamo non sono di mero intrattenimento, i bambini hanno bisogno di socializzare e apprendere in maniera diversa rispetto ai device tecnologici, sarò anacronistica, ma io ritengo che non sia la diretta Facebook o il gruppo su zoom il salvagente che possa consentire ad un centro culturale e ricreativo di sopravvivere alla tempesta che si è abbattuta sulla cultura nel nostro Paese e sulle nostre vite lavorative e sociali, men che meno sull’educazione dei nostri bambini. Sarò franca, le attività di in braccio alla luna rendevano pochissimo in termini economici, neppure le spese vive riuscivo a coprirci, spesso anzi mettevo soldi di tasca mia pur di fare partire un laboratorio.
Eppure il centro culturale è ciò su cui ho investito e ciò in cui credo. Non potrei fare un lavoro diverso da questo,  e non vedo l’ora di ritornare a farlo, più forte e risoluta di prima. In queste ultime settimane sto studiando come trasferire quello stile ad alto contatto che è il valore aggiunto di quello che propone il progetto In braccio alla Luna a questa contingenza che a quanto pare ci vedrà a casa per un altro po’ di tempo. Nell’attesa di potere proporre alle donne alle famiglie e ai bambini e ragazzi che partecipavano alle nostre iniziative una rosa di proposte ludiche e didattiche all’aperto, in questi giorni con Federica caricheremo dei contenuti sul web tramite il canale YouTube e la pagina Facebook, con la speranza che anche se ognuno a casa propria, potremo tenere viva la voglia di riabbracciarci.

La mia fiaba di Epifania

Da una pagina del nostro diario del 5 gennaio di due anni fa, il 2018.

Mamma raccontami la storia della Befana, mi ha chiesto Alice ieri sera. Ed io le ho inventato una storia che forse non leggeremo mai nei libri di leggende intorno a questa figura magica.
Ti ricordi chi sono i Magi, Alice?
I Magi erano degli scienziati e dei sapienti che guardando il cielo si accorsero per primi della stella cometa e secondo le loro conoscenze del cielo capirono che quello era il segno che indicava la nascita di un nuovo re. Allora lasciarono i loro Paesi, l’India, la Persia e l’Arabia e partirono per un lungo viaggio nel deserto con i loro cammelli e dromedari portando con sé in dono oro incenso e mirra. Al loro corteo da Alessandria d’Egitto si unì una Maga in groppa al suo cavallo bianco, anche lei era molto sapiente e saggia era apicultrice medica musica e poetessa e portava con sé miele. Ognuno di questi quattro doni erano doni che indicavano che Gesù era il bambino divino, il nuovo re e redentore.
L’oro portato dal Mago più anziano, Melchiorre è il simbolo della regalità, l’incenso portato da Baldassarre è simbolo della divinità, la mirra portata da Gaspare della vita che continua dopo la morte, il miele portato da Epifania era simbolo del potere di guarigione. Man mano si avvicinarono alla Palestina in una notte di luna piena apparve l’angelo Gabriele ad Epifania dicendole che avrebbe dovuto celare la sua vera identità fino al prossimo segno e nascondersi dietro le spoglie di una vecchia mendicante, perché altrimenti avrebbe messo in pericolo il bambino che il re Erode voleva uccidere e che avrebbe trovato proprio seguendo i re Magi. Il giorno dopo Epifania abbandonò la carovana dei Magi e disse al suo destriero di correre più in fretta che poteva per raggiungere Betlemme prima dei Magi. Per questo in nessun presepe troviamo Epifania insieme a Melchiorre Baldassarre e Gaspare. Lei arrivò prima e si mescolò ai mendicanti di Betlemme, con la sua ramazza spazzava le strade dal ciarpame lasciato dai balordi che uscivano dalle locande e aspettava il segno che la cometa aveva annunciato. A Betlemme c’era tantissima gente accorsa per il censimento tra cui i due giovani sposi: riconobbe Maria dal sogno che aveva fatto e la seguì presentandosi come medica e mammana mentre Giuseppe cercava un posto dove dormire. Quando per Maria arrivò il tempo per partorire lei era al suo fianco e le prestò il suo aiuto aprendole il cancello della mangiatoia in cui sarebbe nato Gesù. Accorse
Giuseppe trafelato e affranto perché negli alberghi non c’era più posto. Epifania mandò Giuseppe fuori dalla scena del parto con la scusa dell’acqua da scaldare e dei panni da bollire, nel frattempo grazie alle sue competenze da guaritrice e mammana massaggiò Maria tutta la notte e la sostenne durante il parto. Le diede datteri e pappa reale da mangiare e tagliò il cordone ombelicale di Gesù al fuoco di una candela. Nei giorni successivi Epifania portò nella mangiatoia pane e frutta e una gallina per il brodo e curò Maria quando le venne la febbre da latte e le diede conforto quando si sentì sola e spersa in terra straniera. Nel frattempo la notizia della nascita di Gesù si era diffusa tra i pastori di Betlemme che arrivarono alla mangiatoia ad adorare il bambino portando pane e formaggio e pelli e coperte per resistere al freddo di quelle lunghe notti.
Quando giunsero anche i Magi portando i loro doni Gesù pianse tutto il giorno e la notte, Maria era davvero stanca di ricevere visite ed Epifania le spiegò che è normale che dopo la nascita i bambini piangano e che le coliche gassose di cui parlavano le pastorelle altro non sono che la nostalgia per il grembo materno e la paura che la propria mamma vada via perciò bastava cullare il bambino cantare una nenia e allattarlo più spesso e più a lungo per calmarlo, le suggerì anche di massaggiarlo dolcemente, accese il fuoco con del carbone che aveva rimediato, si tolse uno dei calzoni di lana e lino che teneva sotto le sue vesti e intrecciò a Maria una fascia per portare il bambino addosso. Nella fretta di quel viaggio da Nazareth a Betlemme infatti Maria non aveva fatto in tempo a portarsi la borsa con le fasce e i teli per avvolgere il bambino. Da questo gesto si diffuse la leggenda delle calze della Befana, piene di doni per tutti i bambini del mondo ma anche di carbone per potersi scaldare al fuoco. Dopo che i Magi consegnarono i loro doni e le raccontarono di aver sognato anche loro un angelo che diceva loro di non ritornare da Erode, anche Epifania diede al bambino il dono che aveva portato dal suo Paese, l’Egitto e rivelò la sua vera identità a Giuseppe e Maria. Giuseppe rimase molto turbato perché disse ad Epifania che proprio quella notte l’angelo Gabriele gli aveva detto in sogno che il bambino era in pericolo e che sarebbero dovuti fuggire in Egitto e rimanervi fino alla morte di Erode. Fu così che Epifania ospitò in Egitto la Famiglia e vegliò su Maria e Giuseppe per quattro anni, trasmettendo a Gesù tutta la sua sapienza e il suo amore e ricevendo da lui la gioia piena, il suo dono più grande.

Buon Natale da In braccio alla luna

Dopo un autunno indaffaratissimo ad avviare progetti, collaborazioni, dare tanto tempo e risorse, ricevere amicizia stima e affetto In braccio alla luna va in vacanza e vi augura buone vacanze. Ci rivediamo il 6 gennaio per festeggiare insieme l’Epifania con una festa pensata per e con i bambini e genitori che ci seguono.

Per il prossimo anno non abbiamo nessun buon proposito, non ci anima nessuna aspettativa particolare, sentiamo proprio l’impulso di partire, metaforicamente e fisicamente, ci piacerebbe proprio prendere l’auto e metterci in viaggio per qualche giorno, andare a Roma, Firenze, Assisi per eremi e ostelli. Via dal caos dei preparativi per il Natale consumistico e consumato, via dai cenoni fatti a casa coi parenti e amici perché così si deve, via dalla sistemazione, ma precari, o detto con una parola antica, pellegrini, verso ciò che ci sospinge alla ricerca della nostra vocazione più vera. Vogliamo partire con il desiderio di stare insieme ai nostri figli che tutto l’anno trasciniamo di settimana in settimana inanellando impegni inderogabili, compiti scolastici da fare, attività extrascolastiche da ammassare. Tutto l’anno siamo insieme ma lontani, adesso chiudiamo con l’ordinaria follia, per goderci ogni ora. Per essere presenti. E quindi doni. Passare del tempo stillato goccia a goccia, come un buon rosolio, incollare ricordi e affetto all’album della nostra storia.

Quanto ai nostri cuori, che questo tempo di Natale ci conceda di poter dare quel che possiamo donare, sforzandoci di abbassare le aspettative. “Fly down!” ci dice Alice sorniona quando le facciamo qualche richiesta e lei protesta il suo bisogno di lentezza mandandoci anche a quel paese se è il caso. È vero che ancora l’adolescenza per lei è lontana, ma tant’è. Quel suo “Fly down!” ci fa ridere a crepapelle e ci fa riflettere anche. Sì, ci comunica quello che è un monito e un consiglio di vita. Alice la saggia!

Che questo Natale ci conceda di lasciare a ognuno i suoi limiti senza pretendere di ricevere l’ascolto, la tenerezza, l’affetto, l’attenzione che vorremmo ma solo ciò che possono darci e che ci spinga invece ad uscire, a metterci in gioco, a lasciare le rassicurazioni, a rischiare, a metterci in cammino. Un passo dopo l’altro. A incontrare gli altri. Siano anche solo i nostri figli, che ci inchiodano alle nostre più sottili capacità di ascolto, tenerezza, affetto e attenzione, o gli ammalati soli che non hanno nessuno con cui trascorrere il Natale, come quelli a cui ha avuto l’opportunità di portare biscotti, sorrisi e compagnia ieri pomeriggio Matteo con le sue catechiste del corso di Cresima, vivendo il senso più profondo del Natale. A volte gli altri da incontrare sono anche i nostri casi persi. Ma questa è un’altra storia. Fly down, Marika.

Partire per stare vicini, per fare quel che durante l’anno non si può fare perché la vocazione che ci interpella è vera solo quando diventa utile agli altri e non quando si chiude in un godimento narcisistico, in compiacimento, uscendo dal bisogno e trasformandosi in desiderio che dà forma alle cose, perché è nei sogni che iniziano le responsabilità. Ci auguriamo solo quella speranza che la gioia che traspare dai nostri sorrisi innamorati si diffonda, contagi chi ci sta intorno, arrivi lontano perché a questo siamo chiamati, a diffondere gioia. Buon Natale di cuore, ci rivediamo per la Befana!

Marika e Vincenzo.

La Cerchia delle Lupe

Che cosa è La Cerchia delle Lupe?

Gruppo di lettura condivisa del libro di Clarissa Pinkola Estes “Donne che corrono coi lupi”, è pensato per esplorare assieme le Terre Selvagge del Femminile. Un appuntamento mensile per sentirci, guardarci negli occhi, liberare il nostro intuito, coltivare la parte più vera e selvaggia attraverso i miti e gli archetipi. In cerchio, insieme. Donarci l’un l’altra i nostri diversi sguardi su un libro trasformativo per noi donne e per tutte le persone che vogliono ri-conoscersi. Un tema e una storia al mese per esplorarne le implicazioni emozionali, le visioni e i propositi che ne nasceranno. Dodici incontri per scoprire come evitare le trappole, sconfiggere i predatori e conquistare la propria libertà. Il progetto è partito il 14 novembre 2019, accolte dal calore della sede di Yantra, in sette in quel primo incontro con La Loba, ci siamo addentrate nelle nostre terre selvagge donandoci ognuna le proprie storie. Meravigliandoci delle connessioni tra di noi, abbiamo cullato le nostre sensazioni viscerali in un viaggio iniziatico verso la liberazione dell’aspetto selvatico di questo femminile universale che ci interpella. Benché il lavoro proposto con La cerchia delle lupe sia annuale, è strutturato in maniera tale che ogni parte mensile rappresenta un lavoro integro ed integrale su alcuni degli aspetti della donna selvaggia e della sua resurrezione.


Quello di stasera è il terzo incontro, il sentiero verso la dimora della Donna Selvaggia è stato imboccato.
Dopo avere incontrato Barbablù e Le Sorelle nel precedente incontro, avere trovato la chiave della conoscenza, aperto la porta della cantina degli orrori e aguzzato la vista, oggi esploreremo un altro tema focale, la saggezza dell’intuito che si trasmette di madre in figlia attraverso la fiaba russa Vassilissa. Questa storia narra di una bambina che attraverso la bambola regalata dalla madre sul letto di morte riesce a superare numerose insidie, andare nel bosco, incontrare la Strega, superare tutte le prove che questa le affida e recuperare il fuoco vitale.
Il laboratorio parte dalla lettura della storia richiamando quel clima da cunto antico fatto di luci di candele e parole sottovoce. Dal flusso della narrazione ogni Lupa progetterà la propria bambola, realizzandone il disegno, mentre in un incontro successivo e facoltativo, ogni Lupa potrà realizzare la propria bambola cucita a mano con stoffe e materiali di riuso. Non necessariamente la bambola rappresenterà Vassilissa ma l’aspetto che di essa in ogni Lupa è risuonato dall’incontro di stasera…

Il disegno della bambola ci parlerà quindi di un aspetto di noi da sviluppare, rievocare o rinforzare. La bambola ci accompagnerà a scrivere attraverso la nostra storia personale, la nostra fiaba iniziatica, il “prodotto” finale del percorso annuale.

Programma del terzo incontro

Circle time: apertura (15 minuti)

Lettura di Vassilissa la saggia (15 minuti).

Realizzazione del bozzetto (30 minuti)

La voce della bambola (15 minuti).

Circle time: condivisione e chiusura (15 minuti)

Chi è la conduttrice:

Marika Gallo, artista e terapista, narratrice e operatrice culturale, esperta in arte del maternage, formatrice e facilitatrice di gruppi. Dottoressa in Lingue e Culture moderne, si occupa prevalentemente di Gender and Cultural Studies. Con numerosi progetti di lettura ad alta voce per i piccolissimi e per genitori e bambini, ha partecipato a laboratori e letture nelle biblioteche, negli asili nido, nelle scuole di ogni ordine e grado, realizza attività per bambini e adulti di promozione della lettura e della musica e organizza eventi nell’ambito della promozione della genitorialità attiva e del benessere della triade genitori-figli come playgroup e cerchi di condivisione. Il suo lavoro di progettazione sociale e culturale si inserisce in questo processo inclusivo che consente alla comunità di prendersi cura di se stessa. Gestisce il centro culturale In braccio alla luna nato nel 2012 da una visione che mira ad accendere i talenti e risvegliare le coscienze per migliorare lo stile di vita attraverso la bellezza, l’arte e la sacralità delle cose quotidiane. Organizza momenti formativi e informativi ed eventi artistici che hanno come filo conduttore l’integrazione tra il femminile e il maschile nelle loro molteplici declinazioni espressive. Infine organizza eventi ludici e didattici per bambini, momenti aggregativi, passeggiate naturalistiche e culturali e percorsi esperienziali per adulti e feste fatte a mano come quelle di una volta.

Contributo a offerta libera, minimo suggerito: 5€

La Cerchia delle Lupe continuerà a riunirsi per tutto il 2020, l’ultimo giovedì del mese dalle 18:30 alle 20:00

L’Arancina è femmina

Questo è un post che parla di lui, il mio nume tutelare, il pozzo di saggezza, colui che nonostante gli anni, le fatiche, i dolori, gli acciacchi, ha continuato fino all’ultimo respiro a farsi pane per la sua grande famiglia, presenti e assenti. Oggi la sua assenza è presenza, attraverso i ricordi dei suoi gesti, degli odori di cibo e dolci che gli restavano attaccati addosso dopo le lunghe giornate spese dentro il laboratorio dove lavorava, attraverso le sue parole che ritornano alla memoria, mentre fuori il cielo è plumbeo e gravido di pioggia e mi accingo come ogni anno per Santa Lucia a ripetere un gesto che mi unisce a lui e lo riporta in vita, anche solo nel mio cuore.

LA RICETTA DELLE ARANCINE DI NONNO MARIO

dosi per circa 10 arancine con due diversi ripieni: alla carne e al burro

1 lt acqua 500 gr di riso 1 dado 1 bustina di zafferano 60 gr di burro

Per il ragout: carne macinata mista, trito di sedano carote e cipolle,1 foglia di alloro, pepe, sale, spezie a piacere (noce moscata, chiodi di garofano…) salsa di pomodoro, piselli (cotti a parte),(se vi piace e volete un ripieno più ricco anche formaggio grattugiato, primosale o provola a cubetti)

Per il condimento al burro: 125 gr di latte, 18 gr di farina, 12 gr di burro, sale e pepe q.b, 100 gr di prosciutto a dadini, formaggio grattugiato, Primosale o provola a cubetti

Per la pastella

Acqua q.b. Farina q.b.

Pane grattuggiato

CONDIMENTO ALLA CARNE

Preparare il ragù facendo soffriggere la cipolla il sedano e le carote nell’olio evo., aggiungere la carne macinata, una foglia di alloro, e spezie a piacere.Quando la carne è cotta, aggiungere la salsa ed il sale e fare cuocere fino a quando non si restringe.Aggiungere al ragù i piselli precedentemente cotti a parte, ed insaporire con qualche cucchiaio di caciocavallo grattugiato.Fare raffreddare e aggiungere i cubetti di formaggio.

CONDIMENTO AL BURRO

fare una besciamella densa con latte burro e farina aggiustarla di sale e quando la besciamella si addensa aggiungere pepe e noce moscata se piace.lasciare raffreddare. Incorporare besciamella formaggio grattugiato prosciutto a dadini e cubetti di primosale.

COTTURA DEL RISO

Mettere a bollire l’acqua, quando bolle versarvi lo zafferano, il dado, il burro ed il riso. Quando il riso è cotto stenderlo su un piano per farlo raffreddare. Prendere il riso un po’ alla volta e stenderlo sulla mano cercando di creare un incavo nel quale mettere il condimento.Coprire con altro riso cercando di formare delle palline.A questo punto preparare la pastella con acqua e farina quanto basta per ottenere un composto denso ma non troppo. Immergervi le arancine una per volta e passarli nel pangrattato. Friggerle in olio bollente.

P.s. Mi raccomando di aggiungere il burro prima del riso, e non a fine cottura per fare in modo che i chicchi non si attacchino ma restino ben separati. Con questo trucchetto non avrete bisogno di incorporare rossi d’uovo al riso, come troverete in altre ricette.