La mia fiaba di Epifania

Da una pagina del nostro diario del 5 gennaio di due anni fa, il 2018.

Mamma raccontami la storia della Befana, mi ha chiesto Alice ieri sera. Ed io le ho inventato una storia che forse non leggeremo mai nei libri di leggende intorno a questa figura magica.
Ti ricordi chi sono i Magi, Alice?
I Magi erano degli scienziati e dei sapienti che guardando il cielo si accorsero per primi della stella cometa e secondo le loro conoscenze del cielo capirono che quello era il segno che indicava la nascita di un nuovo re. Allora lasciarono i loro Paesi, l’India, la Persia e l’Arabia e partirono per un lungo viaggio nel deserto con i loro cammelli e dromedari portando con sé in dono oro incenso e mirra. Al loro corteo da Alessandria d’Egitto si unì una Maga in groppa al suo cavallo bianco, anche lei era molto sapiente e saggia era apicultrice medica musica e poetessa e portava con sé miele. Ognuno di questi quattro doni erano doni che indicavano che Gesù era il bambino divino, il nuovo re e redentore.
L’oro portato dal Mago più anziano, Melchiorre è il simbolo della regalità, l’incenso portato da Baldassarre è simbolo della divinità, la mirra portata da Gaspare della vita che continua dopo la morte, il miele portato da Epifania era simbolo del potere di guarigione. Man mano si avvicinarono alla Palestina in una notte di luna piena apparve l’angelo Gabriele ad Epifania dicendole che avrebbe dovuto celare la sua vera identità fino al prossimo segno e nascondersi dietro le spoglie di una vecchia mendicante, perché altrimenti avrebbe messo in pericolo il bambino che il re Erode voleva uccidere e che avrebbe trovato proprio seguendo i re Magi. Il giorno dopo Epifania abbandonò la carovana dei Magi e disse al suo destriero di correre più in fretta che poteva per raggiungere Betlemme prima dei Magi. Per questo in nessun presepe troviamo Epifania insieme a Melchiorre Baldassarre e Gaspare. Lei arrivò prima e si mescolò ai mendicanti di Betlemme, con la sua ramazza spazzava le strade dal ciarpame lasciato dai balordi che uscivano dalle locande e aspettava il segno che la cometa aveva annunciato. A Betlemme c’era tantissima gente accorsa per il censimento tra cui i due giovani sposi: riconobbe Maria dal sogno che aveva fatto e la seguì presentandosi come medica e mammana mentre Giuseppe cercava un posto dove dormire. Quando per Maria arrivò il tempo per partorire lei era al suo fianco e le prestò il suo aiuto aprendole il cancello della mangiatoia in cui sarebbe nato Gesù. Accorse
Giuseppe trafelato e affranto perché negli alberghi non c’era più posto. Epifania mandò Giuseppe fuori dalla scena del parto con la scusa dell’acqua da scaldare e dei panni da bollire, nel frattempo grazie alle sue competenze da guaritrice e mammana massaggiò Maria tutta la notte e la sostenne durante il parto. Le diede datteri e pappa reale da mangiare e tagliò il cordone ombelicale di Gesù al fuoco di una candela. Nei giorni successivi Epifania portò nella mangiatoia pane e frutta e una gallina per il brodo e curò Maria quando le venne la febbre da latte e le diede conforto quando si sentì sola e spersa in terra straniera. Nel frattempo la notizia della nascita di Gesù si era diffusa tra i pastori di Betlemme che arrivarono alla mangiatoia ad adorare il bambino portando pane e formaggio e pelli e coperte per resistere al freddo di quelle lunghe notti.
Quando giunsero anche i Magi portando i loro doni Gesù pianse tutto il giorno e la notte, Maria era davvero stanca di ricevere visite ed Epifania le spiegò che è normale che dopo la nascita i bambini piangano e che le coliche gassose di cui parlavano le pastorelle altro non sono che la nostalgia per il grembo materno e la paura che la propria mamma vada via perciò bastava cullare il bambino cantare una nenia e allattarlo più spesso e più a lungo per calmarlo, le suggerì anche di massaggiarlo dolcemente, accese il fuoco con del carbone che aveva rimediato, si tolse uno dei calzoni di lana e lino che teneva sotto le sue vesti e intrecciò a Maria una fascia per portare il bambino addosso. Nella fretta di quel viaggio da Nazareth a Betlemme infatti Maria non aveva fatto in tempo a portarsi la borsa con le fasce e i teli per avvolgere il bambino. Da questo gesto si diffuse la leggenda delle calze della Befana, piene di doni per tutti i bambini del mondo ma anche di carbone per potersi scaldare al fuoco. Dopo che i Magi consegnarono i loro doni e le raccontarono di aver sognato anche loro un angelo che diceva loro di non ritornare da Erode, anche Epifania diede al bambino il dono che aveva portato dal suo Paese, l’Egitto e rivelò la sua vera identità a Giuseppe e Maria. Giuseppe rimase molto turbato perché disse ad Epifania che proprio quella notte l’angelo Gabriele gli aveva detto in sogno che il bambino era in pericolo e che sarebbero dovuti fuggire in Egitto e rimanervi fino alla morte di Erode. Fu così che Epifania ospitò in Egitto la Famiglia e vegliò su Maria e Giuseppe per quattro anni, trasmettendo a Gesù tutta la sua sapienza e il suo amore e ricevendo da lui la gioia piena, il suo dono più grande.

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