
7 ottobre 2014
Un intero anno passato. Tu ad ottobre dello scorso anno mi nuotavi dentro ed ora invece cammini. Che saresti stata precoce e avresti camminato entro i dieci mesi lo avevo presagito, ma questa fretta che hai di crescere mi sbalordisce e mi stordisce, oltre a svelarmi tanto di quell’intricato mondo che si chiama relazione e di quelle competenze speciali che avete voi neonati. Sei nata che già sembravi grande. Col tuo sguardo curioso e consapevole penetri la realtà e la annusi come un felino. Ma sei troppo esigente per me a volte, Alice! E tutte le volte che mi vorrei spaccare la fronte in uno spigolo per i tuoi lamenti o le tue urla mi dico: “ma allora è vero che il rapporto madre e figlia è più conflittuale?”. Perché in realtà io ti sento molto di più di come sentivo Matteo. Ma non so se questo sentirti sia più un averti dentro in quanto donna o l’esperienza di essere per la seconda volta mamma. Con Matteo c’era la scoperta della prima volta. E quella che sentivo era molto più spesso la mia testa, la mia pancia, il mio cuore. Per un bel po’ lui è stato un mio prolungamento. Ora vorrei mordermi i polpastrelli perché sto facendo l’odiosa cosa che fanno tutte le madri, ovvero i paragoni tra te e Matteo, ma ai secondogeniti purtroppo tocca questa sorte amara ed io non so, forse me ne devo fare una ragione. In fondo che è tutto nuovo al secondo figlio, anche se un po’ sappiamo cosa ci aspetta, è quasi ovvio. Sono tutta nuova io, è completamente diverso il contesto, la coppia allampanata è già stata traghettata verso la triade dal primogenito. Si tratta ora di allargare la famiglia. E trovare le soluzioni più adatte a noi quattro richiede tempo e pazienza e sospensione del giudizio. Saltato un equilibrio se ne deve ricreare un altro, e man mano che tu cresci e Matteo si accorge di essere grande nonostante le sue regressioni, in un andamento liquido provare a non rompere violentemente gli argini ma a defluire morbidamente verso la nuova sponda. Tu non devi essere in una posizione semplice, eppure forse è proprio questa la tua risorsa, devi condividermi con tutti, non solo con tuo fratello. Il periodo più pesante per te, sarà stato quando, alla nascita, hai dovuto dividermi con la mia delusione per non avere fatto l’esperienza di parto che avevo nella mia testa e poco tempo fa con la mia rabbia per avere assistito alla malattia e morte di nonno Aldo. Ma oggi pomeriggio quando sono tornata a casa e ti ho sfilata dalla fascia ad anelli per metterti giù, ho pensato che ora ti lascio sgambettare fiduciosa lungo il corridoio e assisto a questa epifania di te che ti metti in piedi per allontanarti da me. Ho avvertito un palpito del cuore dal sapore dolceamaro. Così presto, no! Lasciati godere ed annusare e sbaciucchiare ancora, prima che io possa accorgermi che tu sei davvero uscita dalla simbiosi con me. Ogni giorno un nuovo petalo nella tua personalità in fieri mi rivela le mie fragilità, la tua aggressività, il risentimento di tuo fratello spodestato, la stanchezza di tuo padre per questo percorso che a volte appare lunghissimo e tortuoso. Così ora, mentre ti osservo camminare solerte e soddisfatta, tolgo le scarpe e le calze mi sfilo i jeans e la t-shirt e indosso i panni casalinghi, cercando di spazzare dal pavimento di casa non solo la polvere e le briciole ma anche i sospiri e i lamenti e la fatica, per poi riuscire a preparare una cena sbucciando pensieri stantii e soffriggendoli nel burro fuso delle mie emozioni. Ci provo a godermi questo stare con te e con Matteo senza sovrastrutture, cercando di ascoltarvi e di apprendere da voi. E di essere presente a me stessa. Concedendovi lo spazio dentro di me per sconvolgere le mie sensazioni, farmi ribollire e poi placare e gocciolare e di nuovo sgorgare e dare forma sempre nuova alla mia vita. Ci provo anche se la tentazione più forte è di lasciarmi distrarre dal marasma di cose che vorrei fare e poi non faccio. Per essere migliore, mi dico mentendomi. Per evadere da un lavoro quotidiano che richiede grande tempra e consapevolezza, suggerisce la mia voce interiore. Quando penso di avere perduto il mio centro, in periodi come questo in cui mi sento confusa, sfasata, devo proprio in questi momenti vegliare di più, anche se sono stanchissima, assonnata e avrei soltanto voglia di chiudere gli occhi sul mio vero lavoro, che è essere madre e donna così come sono, concedendomi anche il lusso di essere imperfetta e sull’orlo di una crisi di nervi, come tutte.