Racconti di parto: una settimana dopo…

Mentre Samina è riuscita a caldo a fare la cronaca dell’evento che abbiamo organizzato il 13 marzo alla biblioteca le Balate, io provo a dare le mie impressioni a freddo, cercando di mettere insieme le membra di un corpo di immagini, parole e suoni che mi si ricompone lentamente in testa. L’evento era nato dall’urgenza che sentivamo di dare voce ai racconti di parto delle mamme con cui noi donne di Domodama ci siamo confrontate in questi mesi. L’esperienza di conduzione di gruppi di mamme per me è relativamente nuova e mi rendo conto che ogni occasione è utile per apprendere dalle donne l’arte della maieutica. In punta di piedi e a piccoli passi mi sono avvicinata a quello che sentivo un’esigenza non solo mia ma anche del territorio di creare occasioni di riunione fra mamme, dove potere parlare e confrontarci, a partire dalle nostre esperienze contingenti. Fino al 13 marzo “la via lattea” è stata la via preferenziale attraverso la quale condurre i nostri incontri. Eppure, sia che parlavamo di allattamento, sia che parlavamo di alimentazione complementare o di sonno dei bambini o del portage o di gioco, emergeva sempre, e dico sempre, dalla voce delle mamme, il momento del parto. Tutte riferivano, più o meno consapevolmente, di un “periodo critico” attorno alla nascita nel quale si erano creati i presupposti per la relazione futura col proprio bambino.

Se è vero che il parto è solo un momento mentre un figlio è per sempre, è altrettanto vero che nel momento del parto si condensano sensazioni, emozioni che rimangono a volte stagnanti, se non ci si concede l’opportunità di dare loro voce. Spesso una mamma che ha vissuto un parto traumatico non è legittimata né da se stessa né dalla società a fare spazio dentro di sé a quel senso di sconforto che la pervade nonostante il bambino sia lì, stia bene, sia la gioia di tutti. Come per altri aspetti del suo essere donna e del suo essere madre, è costretta a tenere seppellito dentro di sé tutto il suo disagio. Per cicatrizzare queste ferite che sono fisiche e spirituali, abbiamo cercato di dare loro voce, in un dialogo tra il dolore di una femminilità ferita e svilita e i percorsi per prendersi cura di sé che ci hanno proposto gli operatori intervenuti e ai quali rivolgiamo il nostro più sentito “grazie”. Perché lasciare che le nostre energie irrancidiscano quando è possibile trasformare le ferite in risorse?

Confesso che organizzare questo incontro è stato molto impegnativo. Se risulta politicamente corretto promuovere l’allattamento materno, a quanto pare nel nostro ambiente non è altrettanto politicamente corretto sottolineare come non si possa incoraggiarlo senza prima fare critica alle attitudini, alle azioni e alle mentalità che disturbano la gravidanza e il parto, terreno dove si gettano i semi del legame col nostro bambino, con il nostro compagno, con i molteplici aspetti della nostra vita.

Il fine di una moderna medicina perinatale è quello di ottenere una mamma ed un bambino in perfetta SALUTE con il livello di cure più basso compatibile con la sicurezza. In una gravidanza fisiologica è necessario trovare una buona giustificazione prima di mettere in atto qualsiasi intervento ostetrico. OMS, Ginevra 1996